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STAMPA - PRESS

martedì 14.12.2010 ore 13.36

Il campo di prigionia di Pol era già nel mirino degli inglesi

BUSSOLENGO. Una fotografia aerea inedita, scattata il 24 aprile 1945, ne delinea il perimetro
È stata trovata dal regista Quattrina: un prezioso documento storico

26/04/2010

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Il campo di prigionia di Pol in una foto scattata da un aereo della Raf

Ritrovata una inedita foto aerea della Royal Air Force del campo di prigionia di Pol di Bussolengo, scattata il 24 aprile 1945.
La scoperta è opera del regista veronese Mauro Vittorio Quattrina, autore anche del documentario «Quei giorni di coraggio e paura», che racconta la storia dei campi di prigionia per alleati nel veronese, di cui Pol era capofila (vi erano rinchiusi 250 soldati) e dei veronesi che li aiutarono a fuggire dopo l'8 settembre 1943.
Le ricerche del regista Quattrina non si sono fermate al documentario, ma si sono allargate alla parte fotografica. Ed è arrivata la sorpresa.
«Non è stato facile, ma grazie alla collaborazione dell'archivio fotografico di Stato e di un ufficiale dell'esercito italiano, è stata riportata alla luce questa fotografia dall'alto, datata 24 aprile 1945, ripresa da un aereo dell' aviazione britannica della Royal Air Force», racconta Quattrina. «Dopo il trasferimento in Germania dei prigionieri britannici dopo l'8 settembre 1943, il campo ospitò gli sfollati di Cassino e, dopo la guerra, alcune famiglie di Bussolengo e dei dintorni. La scelta di fare una foto aerea del campo a quell'epoca può dipendere dal fatto che nei territori attorno al campo di Pol c'erano dei reparti corazzati tedeschi e truppe, che cercavano di dirigersi verso il Brennero. Quindi è plausibile l'ipotesi che gli alleati ritenessero che il campo di Pol potesse ospitare dei militari germanici».
La foto, però, riveste importanza primaria da punto di vista storico, in quanto da questa è possibile ricostruire le planimetrie e, in base alle testimonianze raccolte e ai documenti ritrovati, dare ad ogni struttura il proprio ruolo. Si può così osservare, per esempio, dove era ubicata la chiesa del campo (alla quale accedevano, la domenica, insieme ai prigionieri anche i civili) in fondo a destra, dove si vedono due capannoni. La foto ha quindi un'enorme importanza, perché offre la prova fotografica delle costruzioni del campo all'epoca.[FIRMA]
Giancarla Gallo

Giancarla Gallo

Così sfidarono la morte per aiutare i prigionieri

Inserito il 22 aprile 2008 alle 23:43:00 da berni. IT - Archivi
Indirizzo sito : Larena
VIGASIO. Domani proiezione del documento sui 15 campi della provincia per soldati stranieri.
Documentario sui veronesi che li sottrassero ai nazisti.
(di Valerio Locatelli)
«Quei giorni di coraggio e paura». È il titolo di un documentario sui prigionieri di guerra alleati nei campi di lavoro del veronese negli anni tra il 1942 e il 1945. Il filmato su chi erano, chi li aiutò a fuggire, sui sacrifici delle famiglie veronesi, verrà presentato in anteprima domani alle 21 nella sala conferenze del nuovo palazzetto dello sport di Vigasio.
Questo documentario è il primo passo che l’Associazione Culturale Storia Viva, associazione attivissima nel settore del recupero e valorizzazione della storia dell’identità veneta, ha portato a termine.
Spiega la presidente Grazia Pacella: «Durante le riprese del documentario per il programma di Giovanni Minoli, "La storia siamo noi” andato in onda su Rai Due, riguardante i prigionieri di guerra alleati in Italia, ideato e realizzato dal regista veronese Mauro Vittorio Quattrina, l’autore venne a conoscenza dell’esistenza di 15 campi di lavoro per prigionieri britannici nel Veronese. I campi ospitarono circa 1.300 prigionieri in larga parte neozelandesi, sud africani, inglesi, scozzesi, egiziani ed indiani. I prigionieri britannici, arrivati tutti da dicembre 1942 ad aprile 1943, furono costretti a fare i lavori agricoli per supplire alla mancanza di mano d’opera italiana, impegnata sui fronti bellici».
Spiega il regista: «Attraverso un’inedita serie di documenti scoperti all’archivio del Comune di Bussolengo, il documentario ripercorre la storia dei prigionieri nei campi di Vigasio, che era situato in località San Bernardino e poi Pol di Bussolengo, San Martino Buon Albergo, Angiari, Oppeano, Montecchia di Crosara, Legnago, Lazise, Mozzecane, Zevio, Isola della Scala; ma ancor di più ricostruisce la storia di quelle famiglie contadine che ospitarono e aiutarono a fuggire, a costo della vita e della deportazione, i prigionieri di guerra britannici».
Quattrina ha ricostruito, con una ricerca durata tre anni, tutti gli avvenimenti dell’epoca e il video presenta quasi tutte fotografie inedite di raro valore documentaristico nonché filmati d’epoca ricercati in archivi di tutto il mondo. Sono circa 50 le persone che alternano la loro presenza nel documentario ed è da sottolineare l’intervista di una delle più famose studiose del settore, la neozelandese Susan Jacobs. Ben evidenziato è il sacrificio delle famiglie e ben spiegate sono le motivazione che indussero decine di veronesi ad esprimere la loro "pericolosa solidarietà”. Il video ha anche una valenza non solo storica da tramandare alle generazioni future, ma anche un valore antropologico e sociale per la varietà delle persone intervistate e di visione differente dello stesso periodo storico.
Conclude Quattrina: «Al di là del valore storico di per se stesso, il documentario presenta anche notevoli valenze curiose. Infatti ogni campo è stato individuato e ripreso e oggi nessuno potrebbe mai pensare che, per esempio, come a Vigasio, in una azienda agricola oggi immersa nei campi, ci sia ancora, praticamente intatta la struttura che ospitava i prigionieri. È un documentario "corposo” anche nei numeri della produzione: 50 persone intervistate, 80 ore di girato, 30 location filmate, centinaia di fotografie restaurate. Si consegna quindi, alla storia, un documento raro».
L'Arena di Verona 22-4-2008

Premio alla Provincia per l'aiuto ai prigionieri

GLI ANNI 1943-45. Avviato l'iter per la medaglia al valor civile della presidenza della Repubblica
L'iniziativa è dell'associazione Storia Viva, che ha documentato l'eroismo di tanti veronesi che salvarono i soldati alleati in fuga

24/05/2010

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Due prigionieri inglesi ospitati a Montecchia dopo la fuga

La Provincia di Verona riceverà un riconoscimento al valor civile dalla Presidenza della Repubblica, per ricordare tutti i cittadini veronesi, che aiutarono durante l'ultimo conflitto mondiale i prigionieri britanici in Italia. L'iter, a causa di passaggi burocratici, è un po' rallentato, ma dovrebbe concludersi a breve. La decisione trae avvio dal documentario «Quei giorni di coraggio e paura» realizzato dall'Associazione culturale Storia Viva, per la regia di Mauro Vittorio Quattrina, che era stato inviato al Presidente della Repubblica nella primavera dell'anno scorso. «Con questo documentario si faceva notare che la popolazione veronese ha aiutato a costo della vita - c'era infatti la pena di morte per chi disobbediva - i prigionieri delle forze alleate fuggiti dai 14 campi campi di lavoro del veronese», spiega Grazia Pacella, presidente dell'Associazione Storia Viva, che ha curato i contatti per il riconoscimento. «Questi prigionieri venivano aiutati dalla popolazione a scappare in Svizzera oppure, attraverso la "ratline" creata dai servizi segreti alleati, a raggiungere il sud Italia. Il territorio veronese quindi, ha avuto decine e decine di piccoli Schindler e Perlasca, rimasti quasi sconosciuti».
I prigionieri britannici nei campi erano circa 1.400, secondo gli elenchi ritrovati. Di questi ne fuggirono circa 500, che furono ospitati dalle famiglie contadine della provincia. Si sviluppò una vera e propria «catena della solidarietà» spontanea. Ci furono anche casi tragici, come quello della famiglia Bettili di Zevio: due capifamiglia, che avevano complessivamente diciotto figli, furono fucilati insieme a tre prigionieri indiani che ospitavano, alle casermette di Montorio nel 1944.
«Tutte queste storie, dal 1942 al 1945, con moltissime testimonianze dei sopravvissuti che descrivono i sacrifici dello loro famiglie, sono appunto raccontate nel documentario di Quattrina», aggiunge Pacella. «Sulla base di questa documentazione la Presidenza della Repubblica ha iniziato l'iter per il conferimento della medaglia al valor civile alla Provincia di Verona, per ricordare e onorare quei cittadini che aiutarono e sfamarono centinaia di britannici. L'iter ha previsto la richiesta di documentazione da parte della Prefettura, la quale a sua volta l'ha richiesta alla Provincia, che si è rivolta a noi per ulteriori informazioni. La documentazione che abbiamo raccolto è stata inviata alla Provincia e al Prefetto e quindi, di nuovo, alla Presidenza della Repubblica, con tutta una serie di passaggi. Ora l'iter è quindi terminato e siamo in attesa di avere notizie da Roma. Sono storie dimenticate» ha concluso Grazia Pacella, «che solo il documentario ha riportato alla luce, perchè è stata una forma di resistenza non armata che, a parte pochi accenni, non è mai stata raccontata».
Giancarla Gallo

 

ZEVIO. Le storie dei prigionieri britannici rinchiusi a Villa Da Lisca fra il 1942 e il ’43 raccontate in un documentario
Giorni di coraggio e di paura
di Piero Taddei
 
Anche le vicende successe nel campo per prigionieri di guerra alleati, che funzionò nella seicentesca Villa Da Lisca, sono comprese nel documentario «Quei giorni di coraggio e di paura» del regista veronese Mauro Vittorio Quattrina, che in anteprima sarà proiettato stasera alle 20.30 nella sala consiliare. Tra il 1942 e l’8 settembre del 1943 a Villa Da Lisca furono internati circa 140 militari britannici, una buona fetta di origine indiana, catturati nel Nord Africa.
Documenti e lettere di recente ritrovate documentano come la gestione della villa, alla pari degli altri campi del genere allestiti nel Veronese, avesse poco da spartire con la disumanità con cui funzionavano i lager nazisti. Compito dei internati era quello di supplire alla penuria di manodopera maschile impegnata a combattere sui vari fronti bellici. Di fatto le grosse aziende agricole della zona facevano domanda di braccia, che in base alle disponibilità venivano assegnate.
In paese c’è ancora chi ricorda come la mattina i britannici partissero su carri o camionette per il lavoro scortati da guardie armate. Andavano a zappare il mais, a raccogliere il tabacco, a coltivare i frutteti. La mancanza di cibo era alleviata dall’arrivo di pacchi della Croce rossa.
Un testimone, Elisa Piva, ha raccontato che a volte, per scarsità di vitto, i prigionieri divoravano le patate che lei cuoceva per i maiali. Di molti prigionieri sono noti i nomi perché sono state ritrovate anche lettere che i famigliari indirizzarono dalla Gran Bretagna ai loro cari costretti a rimanere nei campi veronesi, una quindicina tra Bussolengo, Montecchia, Lazise, Oppeano, Legnago, Bonavigo, Angiari, Isola della Scala, Vigasio, San Martino Buon Albergo, Mozzecane. Quello allestito a Villa da Lisca era uno dei più grandi.
L’incanto – se così si può dire – si ruppe l’8 settembre del 1943, quando il generale Badoglio annunciò l’armistizio con gli angloamericani e la fine dell’alleanza con la Germania. Seguì un parapiglia che permise ai prigionieri britannici di scappare facilmente dal campo di lavoro di Villa Da Lisca per abbandono delle guardie. Gli «inglesi» ripararono nelle campagne circostanti che conoscevano bene per averci lavorato. Alcuni furono nascosti nelle case dei datori di lavoro, che li sfamarono e vestirono a rischio di rimetterci la pelle. Insomma, in quel periodo fu scritta una pagina nobile della cosiddetta resistenza non armata.
Ma i nazifascisti non rimasero con le mani in mano e iniziarono una caccia che fu sanguinosa. Eclatante la tragedia dei fratelli Attilio e Leonildo Bettili, fucilati alle casermette di Montorio assieme al colono di Oppeano Luigi Ferrari per aver dato rifugio nella loro azienda, in località Acquabona di Palù, a alcuni fuggitivi, di cui due passati per le armi. Non andò meglio a Giovanni Della Riva, fucilato sedicenne per aver aiutato un prigioniero di guerra scappato dal campo zeviano. Altre famiglie di Zevio tenero in casa prigionieri alleati o ne sfamarono a decine come quella di Attilio Bonato di Volon.
Le comuni difficoltà fecero nascere profonde amicizie, dopo la guerra sfociate in ripetute visite da parte degli ex prigionieri, visite che ora continuano a rinnovarsi con i nipoti. Tutte storia che il documentario di Quattrina racconta.
La sintesi di tre anni di lavoro che ha messo insieme documentazioni inedite ricercate in tutto il mondo. E anche un’intervista a una delle più note ricercatrici storiche su scala planetaria di prigionieri di guerra, la neozelandese Susan Jacobsre.
Insomma, «Quei giorni di coraggio e di paura» racconta storie mai descritte, che gettano una nuova luce sulla resistenza non armata e sul valore morale delle popolazioni contadine venete. Il documentario ha visto l’appoggio dei Comuni, della Provincia e della Regione

Da prigionieri ad alleati

20 Aprile 2007, 00:00 - di Francesca Zamboni

Lettere nascoste da quasi mezzo secolo negli archivi del Comune di Bussolengo. Ricordi che ritornano da un passato cosi vicino. E' la Trama di un film? Venite a vedere con i vostri occhi.
Tutto è cominciato qualche mese fa quando l’archivista del Comune di Bussolengo e un regista di documentari si presentarono all’istituto tecnico “Lorenzo Calabrese”. Il motivo? La proposta di una collaborazione tra la scuola superiore e l’assessorato alla cultura del Comune.

L’archivista Fernando Montresor ha infatti trovato nei meandri della sede del Comune alcune centinaia di lettere che sarebbero state destinate al campo di lavoro dei prigionieri di guerra che si trovava nella zona di Pol di Bussolengo. Le lettere sono datate 1943 e i mittenti sono i familiari più stretti dei prigionieri e provengono dalla Gran Bretagna e da altri paesi del Commonwealth. Non arrivarono mai a destinazione. Nonostante nei campi veronesi la posta era recapitata con una certa regolarità era comunque soggetta a molti ritardi poiché le leggi del tempo imponevano che le missive fossero prima mandate a Roma per i controlli della censura. Proprio a causa di questi ritardi e degli avvenimenti dell’8 settembre 1943, le lettere non sono state ricevute dai destinatari. Il compito della scuola è stato quello di trascrivere e tradurre alcune delle lettere al fine di realizzare una mostra intitolata “Da prigionieri ad alleati” per la ricorrenza del 25 aprile.

Il lavoro è stato affidato alle classi quinte dell’istituto tecnico che lo hanno vissuto non solo come esercizio di traduzione ma hanno anche potuto vivere personalmente ciò che provavano i familiari dei prigionieri, hanno provato i loro sentimenti, le loro emozioni come la nostalgia, la voglia di riabbracciare i propri cari e soprattutto l’amore, anche se è evidente e costante come la preoccupazione per la guerra fa da sfondo alle parole d’affetto scritte nelle lettere.

http://bunkerhunters.altervista.org/tracce_scritte02.htm

   


   
   
   
 

A Legnano due campi di lavoro per prigionieri britannici

Inserito il 24 aprile 2007 alle 23:58:00 da berni. IT - Archivi
Indirizzo sito : Larena
Domani festa del 25 Aprile A Legnago tornano alla luce documenti inediti sui due campi di lavoro che ospitavano militari britannici
Vangadizza, lager all’italiana
Nessuna brutalità né violenze: «La popolazione locale li aiutava» (di Stefano Nicoli)
Legnago. Saranno dei documenti inediti, rimasti seppelliti per oltre mezzo secolo nella polvere dell’archivio comunale di Bussolengo, a fare da sfondo alle celebrazioni cittadine del 25 aprile. Documenti che, a distanza di sessant’anni, forniscono una nuova chiave di lettura sulle vicende dei prigionieri britannici smistati, tra l’aprile ed il settembre del ’43, nei campi di lavoro di Vangadizza ed Angiari. E che, grazie alla paziente opera di recupero dell’archivista Ferdinando Montresor, aggiungono altre pagine ad una ricostruzione basata finora sulle testimonianze dirette dei protagonisti di quei tragici eventi. A cominciare da quella del tenente Alessandro Benetti, comandante del campo angiarese di Corte Casselvega, che dopo l’8 settembre del ’43 aiutò a fuggire, e mise così in salvo, una quarantina di soldati fra cui venti militari britannici di fede ebraica. Tanto da guadagnarsi col tempo l’appellativo meritato di «Schindler della Bassa». C’è anche il suo nome, come quello del tenente Martinelli responsabile del campo allestito a Vangadizza nella Società Georgica, tra la corrispondenza di servizio, i libretti personali dei soldati e le lettere dei loro cari rinvenuti, dentro una cassetta, nel municipio veronese. E che facevano parte della documentazione riguardante il campo base P.G.148 di Pol di Bussolengo da cui dipendevano altri 14 campi di prigionia, fra i quali anche quelli di Legnago ed Angiari: la stessa che, da domani al 29 aprile, sarà esposta per la priva volta nelle sale dell’hotel «Agnello d’oro» di Bussolengo nell’ambito della mostra «Da prigionieri ad alleati» curata dal regista Mauro Quattrina.
Un’iniziativa, che precederà la realizzazione di un documentario che l’associazione culturale Storia Viva di Verona ha affidato allo stesso Quattrina e che sarà presentato in città il prosimo ottobre.
«Sia la mostra che il filmato - spiega Quattrina - puntano a ricostruire la vita dei campi di lavoro tramite i racconti di chi agevolò la fuga dei prigionieri. In quel periodo, anche nella Bassa nacque, infatti, una resistenza non armata fino ad oggi sconosciuta, che creò un legame speciale tra i residenti e i soldati». Ma la grande novità emersa dai documenti di Bussolengo è rappresentata, innanzitutto, dalle moltissime lettere che padri, madri, fratelli mogli e fidanzate inviarono ai 60 prigionieri della Società Georgica e ai 50 di Corte Casselvega da ogni parte del mondo, in particolare dal Regno Unito e dal Sudafrica. E questo perchè i prigionieri di guerra - catturati quasi tutti nelle battaglie del Nord Africa e giunti in riva all’Adige perlopiù dai campi di Gruppignano (Udine), Gravina (Bari) ed Urbisaglia (Macerata) - provenivano da diversi Paesi del Commonwealth britannico. «Dalla trascrizione delle lettere mai consegnate ai destinatari - sottolinea Quattrina - emergono aneddoti e sfaccettature di vita quotidiana, con i quali i familiari cercavano di incoraggiare i congiunti e di minimizzare l’ansia che li affliggeva. E in tutte non manca la preoccupazione sul vitto e sulle loro condizioni di vita nel campo».
Ma a questo riguardo, come confermano i documenti riotrovati, non avevano nulla da temere. «Tanto che - aggiunge Quattrina - i capitani dei campi di Angiari e Vangadizza, dove mancavano le scarpe e i militari si riparavano dal sole con i tipici cappelli delle mondine, erano ritenuti troppo permissivi. Specie Benetti, che non rifiutava mai a Job, un soldatino poco più che maggiorenne, il permesso di uscire per farsi un giro in paese. Così come non aveva nulla in contrario che i prigionieri festeggiassero i compleanni, andassero a messa o partecipassero a feste nelle corti rurali». Un clima, dunque, più da alleati che da prigionieri che coinvolgeva anche la popolazione locale. La quale, grazie ai soldati britannici, scoprì la carta igienica ed il caffè il polvere. «Gli scambi tra gli abitanti e i militari inglesi - assicura Quattrina - erano diventati, infatti, una consuetudine. Non appena ricevevano i pacchi della Croce rossa, spediti dai loro Paesi e pieni di cioccolata, sapone, frutta sciroppata ed i primi rotoli di carta igienica, li barattavano con il pane, il vino ed il salame prodotti dai contadini. Inoltre, insegnavano l’inglese ai loro figli, imparando a loro volta il dialetto veneto».
Tutti particolari che renderanno speciali le manifestazioni per il 62° anniversario della festa di Liberazione, aperta domani alle 9.45 dal raduno in piazza della Libertà seguito alle 10 dalla messa di suffragio e alle 10.45 dalla sfilata per le vie cittadine con la deposizione di una corona ai due monumenti ai caduti. A chiudere la cerimonia sarà alle 16.30 la proiezione al museo Fioroni di «Combat film, il cinema in guerra: immagini degli archivi storici cinematografici dal 1939 al ’45» presentato dal regista Quattrina.
Martedì 24 Aprile 2007

 

 

Days of courage and fear relived

 

Tales of friendship and courage across the miles and through the years were retold at a thought provoking and emotional event in Market Rasen Methodist Church.

More than 100 people travelled from far and wide for the presentation ‘POW (prisoner of war) Albert Rhoades and the Courage of Italian Families’ organised by Albert’s grandson, Stephen Hewson.

The story of Albert’s wartime capture in North Africa and subsequent transportation as a POW to Italy was incorporated into the wider history of the period.

Those present heard how Albert, former mayor of Market Rasen, endured capture in the heat of the Libyan desert followed by an uncomfortable transit to Italy.

Fortunate to survive Italian prison camps, where some of his friends perished, Albert was eventually moved to Verona and then made his escape.

He was sheltered by an Italian family for some months during which time he worked alongside them harvesting crops. Several Italian guests flew over for the event. Among them was Giantonio Bonato, one of the descendents of the Italian family, who spoke of the meeting between his father and Albert.

Italian film director, Mauro Vittorio Quattrina, introduced excerpts from his documentary ‘Those Days of Courage and Fear’ which describes the history of WWII prison camps in Italy as told through the memories of eye-witnesses; many of the documents had not even been seen in Italy.

And following the talk, several letters from Allied families to their loved ones were opened for the very first time and read out to a captivated and emotional audience.

Finally, in a display of friendship, plaques were exchanged between Market Rasen and the Italian town of Zevio, where Albert was imprisoned.