In nome del padre. Tornano a Bussolengo i figli e i nipoti dei P.o.w. «prisoner of war», i prigionieri di guerra inglesi e neozelandesi, che dall'11 novembre del '1942 all'8 settembre del '43,
l'armistizio di Badoglio, vissero al Campo 148 di Pol, in una serie di alloggiamenti di cui oggi resta solo quella che fu l'abitazione del comandante Giovanni Aldo Castelli.
È il caso di John Griffith, figlio di Stan Griffith, soldato inglese che visse questa epopea, tra Pol (dove lavorò alla costruzione del canale Biffis) e Isola della Scala, prima di spingersi
nelle Marche per andare incontro alle armate anglo-alleate che risalivano la Penisola.
La storia del soldato Stan raccontata dal figlio John, grazie al ritrovamento del diario paterno, è stata al centro di una serata affollata, promossa dall'assessorato alla cultura e sostenuta
dall'archivista del Comune Ferdinando «El Mamo» Montresor e dal regista Mauro Vittorio Quattrina che al periodo ha dedicato il filmato rievocativo «Quei giorni di coraggio e paura».
«Nel 1941», ha raccontato John, «mio padre ha combattuto in Africa ed è stato fatto prigioniero ad El Alamein. Da lì, i successivi spostamenti a Tobruk, Bengasi, Tripoli e poi a Napoli per
raggiungere Pol di Bussolengo, dove è rimasto due mesi. Nella pagine del suo diario racconta l'amicizia dei contadini e la bellezza del paesaggio. Era affascinato dallo spettacolo delle montagne
e delle Alpi. Dopo l'armistizio dell'8 settembre, la fuga con altri tre P.o.w., di cascina in cascina fino alle Marche, dove fu ospitato per 5 mesi da una famiglia in attesa dell'arrivo dell' 8°
Reggimento britannico, al quale si ricongiunse ritornando poi in patria. I diari sono una scoperta recente. Era il 1981 e da allora si è acceso in me il desiderio di rivedere i luoghi della
giovinezza di papà. Il diario è stato tradotto e da quelle pagine emerge un senso di gratitudine per quello che questi prigionieri hanno ricevuto a Bussolengo».
Su questa «strange alliance», una strana alleanza tra i contadini e i militari inglesi e neozelandesi, su cui hanno scritto storici di valore come Susan Jacobs che ha dedicato al tema uno dei
saggi più esaustivi, ha insistito anche il sindaco Paola Boscaini sottolineando come questa sia «una della pagine più gloriose di Bussolengo». Che ebbe un costo elevato: la famiglia Mazzi,
infatti, conobbe il carcere per aver nascosto un prigioniero. Molti altri cittadini come il parroco di allora, monsignor Francesco Lonardi, lo scrittore Luigi Motta e il senatore Montresor
operarono per salvare e proteggere i prigionieri alleati.
«Nel Campo 148 di Pol», ha sottolineato Quattrina, «vennero rispettate le convenzioni internazionali sui prigionieri. Cosa che non si può affermare per gli altri paesi in guerra. I prigionieri
prendevano la paga, ricevevano i pacchi della Croce rossa e per questo arrivavano a scambiare generi spesso introvabili come la cioccolata, con la popolazione civile. Avevano anche libertà di
culto». Molto materiale della cassa scoperta durante i lavori di restauro del tetto del municipio e contenente documenti del Campo 148 di Pol rimane da studiare e catalogare.
«Rimangono ancora molte lettere da aprire, arrivate ai soldati e mai consegnate dopo l'8 settembre del '43», ha sottolineato Montresor, «ed è sempre un'emozione ogni volta entrare in quel
mondo».
«Sarà il lavoro dei prossimi anni», ha concluso il sindaco. «Con l'archivista Montresor, stiamo predisponendo la domanda per partecipare ai cofinanziamenti europei».L.C.